1800 03 04 AZARA BODONI

Sommario

Barcelona, 4 de marzo de 1800. De José Nicolás de Azara [Barcelona] a Giambattista Bodoni [Parma].

Azara da cuenta a Bodoni de su buen estado de salud, le informa que espera la mejora de los caminos –debido a las lluvias– para emprender su necesario viaje a las propiedades familiares de Aragón, le reitera su previsión de viajar a Italia ese verano y, según se encauce el destino de Roma con la elección del nuevo Papa, decidirá cómo recuperar las pertenencias que dejó en la capital. Revela a Bodoni que, pese a que su plan es este, desde España vislumbrar volver a nombrarlo embajador, si bien rechaza con desengaño volver a la política. Refiere con desprecio su pobre cultivo intelectual en Barcelona, advierte al amigo que no espere agradecimientos ni recompensas de Madrid por sus matrices conforme a la situación actual del gobierno y anuncia la salida de Huerta de Parma y su sustitución por Grúa en calidad de ministro español en el Ducado. Azara propone al tipógrafo estampar más adelante una obra que posee sobre arquitectura griega y saluda, por último, a los amigos de Italia y a Margherita.

Transcrizione

Barcelona, 4 marzo 1800.

Amico mio carissimo,

Profito del corriere che passa a Italia per dare a Lei questo attestato della mia essistenza e domandargli delle Sue nuove, che molto m’interessano. Desidero che la salute sia buona, ciò ch’è il fondamento di tutto. La mia si sostiene malgrado l’eterno e rigoroso inverno che sperimentiamo.

Le strade sono guaste ad un segno che non posso pensare al mio viaggio di Aragona, che mi è necessario prima di risolvermi a nessun altro proggetto, dovendo rivedere i miei beni abandonati da più di 40 anni. All’estate, poi, prenderò il mio partito e naturalmente m’invarcherò qui per Livorno. Fratanto i cardinali avrano fatto naturalmente un nuovo Papa e si vedrà la sorte che si preparaa all’infelice Roma; ed io mi regolerò dalle circostanze. In qualunque maniera, spero che ci abraciaremo. Questa è la mia determinazione, nonostante che ci siano ancora dei maneggi per farmi ritornare agli affari et antiquo me includere ludo; ma ne sono restato tropo smotato.

Mi è inpossibile parlare di letteratura né di stampe perché mi trovo in un paese dove queste materie sono così straniere quanto a Monomotapa.

Già scrissi a Lei che il buon Franco, dopo la morte del suo principale, era partito per Madrid portando seco il resto delle matrici. Ma devo ripetere che, per il momento, non speri Lei né manco un ringraziamento, trovandosi il nostro Ministero troppo lontano di pensare a queste cose ed intieramente assorbito in intrighe pazze che finirano colla rovina della Monarquia.

Questa primavera perderà Lei l’amabile presenza dei Signori Huerta, ma aquisterà quella di Grúa, che, grazie a Dio, non sa l’ortografia del suo nome. La sua consorte però mi dicono ch’è molto amabile.

Suppongo a Lei a questa ora professo del quarto voto per essere al’unisono di quanto lo circonda, ciò che non lascia d’essere di una gran consolazione per questo mondo e per l’altro.

Ho un’opera curiosa di architetura, sul dorico e sulle rovine di Mecenate a Tivoli, che feci disegnare in tempi felici magnificamente; ma i disegni sono restati in Roma con tutte le mie altre cose. Al mio ritorno in Italia, pensaremo a pubblicare questa opera con qualche altra coseta di più.

Se qualche amico si ricorda ancora di me, La prego di salutarmelo. Mille espressioni alla consorte.

E sono invariabilmente amico di Lei,

Azara.

 

a Había empezado a escribir un texto que no puedo leer y corrige.

Note al testo

Dati documentali e bibliografici

Scannerizzazioni degli originali