1783 02 15 BODONI AZARA

Summary

Parma, 15 de febrero de 1783.

De Giambattista Bodoni [Parma] a José Nicolás de Azara [Roma].

Bodoni declara que el viajero francés al que Azara enseñó unas muestras de sus caracteres quedaría impactado si viese todos los grabados que contendrá su Manuale tipografico. Se alegra de que ese viajero haya estimado tanto su ensayo sobre la tipografía en Italia y, ante la recomendación de Azara de publicar ese texto, responde que lo aprovechará, aunque piensa en ampliarlo. Por lo que se refiere al negocio con España, otorga al diplomático total potestad para gestionarlo y obtener para él, además del pago por su oficina, una pensión vitalicia. Para hacer gala de su fidelidad a la Corona española Bodoni declara su rechazo hacia otras ofertas, a pesar de su gran ansia por salir del estado en que se halla en la Stamperia Reale de Parma, donde se ve obligado a desempeñar tareas menores que consumen todo su tiempo. Por último, aprueba el proyecto de Santander en Madrid y defiende la idea como beneficiosa para la Nación española, que podrá completar su fama en el mundo de la imprenta con la adquisición de los materiales bodonianos.

Transcription

Se quel viaggiator francese, cui Ella ha voluto passare quelle non indifferenti pruove di caratteri che io mi trovai avere in pronto, avesse potuto vedere tutte le altre mostre che io sarò in grado di pubblicare entro il corso di quest’anno, allora sì che avrebbe inarcate per stupor le ciglia e si sarebbe mostrato vieppiù incredulo che un uomo privato, qual’io mi sono, abbia potuto ideare ed eseguire si estesa, sì varia, sì rica e sì uniforme collezione. Ma se per fausto incontro avvien mai che l’Eccellenza Vostra, dopo Dio, mi assista e mi protegga, porto fiducia che non avrò più a lottare coi molti bisogni e potrò attendere ed eseguire quanto mi sento spinto dal genio e dalla inclinazione, senza aver più a perdere il tempo in cose inutili e di niuna gloria per me.

Dolce consolazione recommi la noticia che il prelodato Signore, che io suppongo assai versato nelle cose tipografiche e precipuamente nel giudicare dell’arte difficilissima d’incidere polzoni, abbia riguardato con qualche bontà ed indulgenza que’ pochi saggi del mio qualunque siasi polzonistico valore. Per le memorie poi che io alla rinfusa e frettolosamente le affastellai intorno agl’italici professori dell’arte mia, non avrei mai osato lusingarmi che avesser potuto riportare quel compatimento che Ella mi accenna, per amor di brevità e per evitar la taccia di seccatore non scrissi vari altri annedoti, ma a suo tempo procurerò di farne buon uso: converrebbe però che io potessi fare un’altra scorsa pel nostro stivale ed oltremonti, e vedere le cose occularmente per descriverle con precisione ed esattezza.

Ma di questo assai per ora; passo ad altro di maggiore entità, cioè alla seconda parte della consolante ed affettuosissima Sua epistola. Premesse le mie più sincere azioni di grazie per tutto ciò che a favor mio le è piacciuto operare sino ad ora, io passo a farLe quell’ingenua confessione che Ella da me candidamente ricerca. Comincierò pertanto dal supplicarLa quanto so e posso umilmente, acciò si degni accettare ampla e pienissima potestà su me e sulle cose mie. Io La costituisco dispotica non solo di tutti i miei polzoni, matrici, forme e di tutti gli altri ordegni ad una compitissima ed impareggiabile getteria appartenenti, ma La rendo altresì arbitra della mia meschina persona, con potestà di non dipartirmi mai e poi mai da qualunque condizione o comando mi vorrà Ella proporre.

Pensier mio dunque sarebbe di ceder tutta la mia numerosissima suppelletile al Monarca Cattolico per una somma di denaro che io rimetto all’arbitrio ed intendimento di Vostra Eccellenza e che mi si assegnasse inoltre una pensione vitalizia a perpetuità, anche stando fuori di Spagna, a condizione che tutto ciò che io anderò ancora intagliando ed aggiungendo a’ caratteri latini, e specialmente agli esotici, tutto passasse in potere del Re. Ella ha fatta la sorte del Cavalier Mengs e di tutta la sua famiglia, perché non potrà formare la mia ed io stabilir quella de’ due miei fratelli? Io non sono, è vero, da paragonare né per merito né per sapere a quel’uomo sommo, ma se ottenessero esito favorevole i miei desideri, rinuncierei a qualunque altro servizio e mi adulerei di poter fare cose utili e proficue alla Spagna egualmente che le pitture di quell’eccellente artefice. E forse farei anch’io stordire il mondo ed i posteri.

Ho sempre sperato che avrei potuto un giorno rinunciare all’impiego di correttore e direttore di questa Reale Stamperia, impiego che mi obbliga a sputar sangue e a perder il sonno per disimpegnare i doveri che vi sono annessi. Così pure vorrei ricusare qualunque ordinazione mi venisse dagli stampatori, trovandomi già ben sovverchiato da commissioni per la Reale Stamperia di Napoli, dal Remondini, dal Zatta e da altri di Venezia, dalla Toscana, dalla Lombardia, dal Milanese, dal Piemonte e da altre parti, cioè da Copenaghen, dovendo gettare sei caratteri orientali pel professore di dette lingue in quella università. Con tutti questi lavori è egli possibile che io possa trovar ozio per far gettare e stampare le mostre degli altri molti caratteri che mi trovo avere incisi, ed avanzare il mio Manuale Tipografico che non sarà meno di due grossi volumi in foglio?

Degno sarebbe dell’ottimo Ministro e del Bibliotecario di Sua Maestà Cattolica lo stabilire in quella Real Biblioteca un’officina tipografica a guisa della Reale Stamperia di Parigi, situata nel Palazzo del Louvre. Ora che all’Iberia fa ritorno quell’amabil diva «di pacifico ulivo ornata il crine», io non posso che far voti acciò si eseguisca sì lodevole divisamento, che renderebbe comendevoli ed eterni i nomi di coloro che contribuissero a si gloriosa e proficua istituzione. Ella non ignora che sin dal tempo di Francesco I, di Leon X, di Lodovico XIV, degli Estensi, dei Medici, degli Sforza, dei Gonzaga, dei Ximenes, dei Colvert, dei Richelieu, che furono i numi tutelari della poliza letteratura, le stampe e gli stampatori riputavansi contribuire al decoro delle lettere e alla celebrità de’ paesi. Forse mio entusiasmo per l’arte che professo mi trasporta, ma non credo di esagerare di troppo se asserisco recar fama ed immortalità ad un principato, il proteggere quest’arte e il cercare che la stampa, fatta per comunicare i ritrovati ed i pensieri de’ dotti uomini alle altre nazioni, s’innalzi sopra l’usato, vieppiù sì perfezioni e sì adorni della conveniente venustà. Chi evvi mai che gettando uno sguardo curioso sopra un libro, ove tutto spiri la tipografica eleganza, non senta che donde egli è uscito, ivi le lettere hanno sede onorata, non ammiri il sovrano che ne tiene l’impero, non ne commandi la saggia amministrazione e non presagisca alla soggetta sua nazione nome immortale?

Il nitidissimo Salustio matritese ha recata maggior celebrità aglia ingegni iberi che tutti i pittori, scultori ed artefici preclari de’ quali possab vantarsi oggi giorno la Spagna. Importerebbe dunque non poco si allo ingrandimento e all’onor delle lettere, come allo splendor di un governo e alla gloria del principe, lo stabilimento di una ben intesa, copiosa e diligente tipografia. Ma se a questa istituzione mancasse il mezzo onde potere al’uopo rinovare i consunti caratteri, o sarebbe sempre precario un tale stabilimento o cagionerebbe annualmente una considerevole esportazione di denaro. Una getteria ben munita quale è quella che io possiedo e che già offriic a Vostra Eccellenza, rimedierebbe ad ogni inconveniente. Con questa si avrebbe il mezzo di formare i caratteri di qualunque gradazione e lingua, con questa si potrebbero rinovare in qualunque occorrenza, con questa si potrebbero fornire i caratteri alle altre stamperie delle Spagne e delle Indie, e si ritrarebbe un continuo non mediocre lucro.

Più volte ho io avuto delle forti ricerche per parte dei delegati all’educazione nazionale di Polonia; dal Vescovo di Cracovia, fratello di quel Re; dal Conte di Firmian reiteratamente; da Vienna e dalla Reale Stamperia di Torino per disrarre, o tutta o in parte, questa mia sorprendente collezione tipografico-fusoria. Ma io non ho mai voluto cedere ad alcuna invitazione e chiusi le orecchie alle molte esibizioni fattemi dai monaci cisterciensi di Milano, i quali hanno speso oltre venti sei mila zecchini per stabilire una fabbrica di carta ed una stamperia e quel governo volea obbligarli a comperare le mie matrici. Io mi sovvengo di averle scritto altre volte che null’altro desideravo se non che questa mia unica, primogenita e prediletta figlia passasse ad esornare la Real Biblioteca del Re Cattolico e che l’Italia se ne restasse priva per sempre di un monumento che niun altro arriverà mai più a formare, del cui merito e valore la sola posterità avrà diritto di pronunciare senza livore e con imparzialità il suo giudiziod.

In Parma niuna considerazione ho mai ottenuta o cercata. Il Sovrano mi riguarda con bontà, ma nulla ha mai fatto per me e, recentemente, all’occasione del passaggio delli Conti del Nord, disse al Padre Paciaudi e al Conte Rezzonico che avea dato ordine al suo Ministro di regalarmi un orologio. Forse il Signor Marchese Manara mi avrà conosciuto immeritevole di tale favore perché non lo ebbi mai ed io non me ne dolsi cone persona alcuna. Tutto il paese poi soffre, forse perché io non desto invidia ad alcuno diportandomi senza fasto e senza pompa. Quello che posso però asserire a consolazione mia si è che io non ho passato gli anni miei in ozio e che in mezzo alle frequenti convulzioni dalle quali è agitato questo miserabil paese, io ho procurato d’imitare quel siracusano filosofo che stavasi tranquillo e attento a formar circoli e triangoli in tempo che andava in combustione il porto di sua patria.

Ma è tempo omai che io ponga fine al mio lungo ciccalare. Avrò forse abusato di Sua sofferenza, ma Ella incolpi la somma bontà che mi ha sempre dimostrata in tante occasioni. Io dunque cesso dallo scrivere e, affidato in Dio e nella di Lei benevolenza tutto, mi riporto a quanto vorrà in appresso operare a favor mio. Ella in tanto mi consideri quale ho l’onore di segnarmi con ogni pienezza di gratitudine, di venerazione e di attaccamento di Vostra Eccellenza.

Parma 15 febbraio 1783.

Illustrissimo divotissimo ed obbligatissimo servidor verace,

Giovanni Battista Bodoni, Tipografo di Sua Maestà Cattolica.

 

aHabía escrito a y corrige.     bHabía escrito possano y corrige [cancela -no].    cHabía escrito e la offro y corrige en già offrii     dHabía escrito giudicio y corrige.     eAntes de con cancela mai    

Editor notes

Documentary and bibliographic data

  • Location

    Parma, Biblioteca Palatina, Minute G. B. Bodoni, carpeta «Lettere di Bodoni a Azara con data» , nº. 4.    

  • Description

    2 pliegos de 2 h. cada uno de 235 × 185 mm. Minuta autógrafa.

     

  • Edition

    Noelia López Souto

  • Other editions

    Drei 1940, 102-103 (parcial); Ciavarella 1979, I, 73-76.

  • Further bibliography cited Bodoni 1771; Cátedra 2013d; Cátedra 2015a; Corbeto 2015; Manuale 1788; Salustio 1772;
  • Citation
    Letter from José Nicolás de Azara to Giambattista Bodoni in 1783-02-15, ed. Noelia López Souto, in Bodoni Library [<http://522979.jduqw4qv.asia/en/letter/1783-02-15-bodoni-azara> Requested: Dec 1, 2024].
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